Carcere: i numeri segreti dei suicidi svelati – Cosa ci nascondono le statistiche?

Una delle questioni più drammatiche e serie che affliggono il sistema carcerario italiano è il drammatico aumento dei casi di suicidio tra le persone detenute. I dati forniti dal Garante dei detenuti sono allarmanti e indicano una tendenza preoccupante che si è accentuata negli ultimi anni. Questo articolo offre un’analisi approfondita della situazione attuale, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema tanto delicato quanto urgente.

Nel corso dei primi dieci mesi dell’anno, si sono registrati ben 66 suicidi all’interno delle carceri italiane; un numero che, seppur inferiore a quello dell’anno precedente, rimane assolutamente inaccettabile. Per comprendere meglio la gravità della situazione, basta confrontare i numeri con quelli del 2023, dove in analoga fascia temporale erano stati 52 i suicidi e nel 2022 addirittura 70. Tuttavia, non è solo il numero dei suicidi a preoccupare; sono stati riportati anche 1.628 tentativi di suicidio e 10.111 atti di autolesionismo dal gennaio a ottobre 2024.

Queste cifre ci parlano di un ambiente carcerario estremo, dove la pressione mentale e fisica pesa come un macigno sulle spalle dei detenuti. È interessante notare come il rapporto tra suicidi e tentati suicidi sia di circa uno a 23, un segno che la sofferenza è diffusa ma che non sempre culmina nel gesto estremo. Eppure, le condizioni di vita all’interno delle carceri contribuiscono indubbiamente a questa spirale di depressione e disperazione.

Un punto centrale da prendere in considerazione è il sovraffollamento carcerario, che contribuisce in modo significativo a queste drammatiche statistiche. Alcuni istituti, come quello di Catanzaro, presentano tassi di sovraffollamento superiori al 100%, con una situazione che si fa insostenibile per i detenuti. Non sono solo numeri; sono persone che vivono in condizioni di stress e ansietà, dove la speranza di una vita migliore sembra lontana.

Tentati suicidi: un grido d’allerta

Esaminando i dati forniti dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria dal primo gennaio al 7 ottobre 2024, emerge un quadro inquietante e preoccupante. I tentativi di suicidio sono stati 1.628, mostrando un incremento del 6,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando i tentativi erano 1.524. Questo aumento non è solo un semplice numero, ma rappresenta un chiaro segnale di allarme: un grido d’aiuto proveniente dalla popolazione detenuta che chiede attenzione e supporto.

Non risulta un caso che il carcere di Catanzaro sia quello con il più alto numero di tentati suicidi, accompagnato da un tasso di sovraffollamento del 104,8%. Il sistema penitenziario sembra essere in una crisi profonda, e i tentativi di togliersi la vita sono solo la punta dell’iceberg. Le persone detenute sono abbandonate a se stesse in un contesto che non offre sufficiente supporto psicologico e sociale. C’è un’urgente necessità di interventi mirati e di programmi di assistenza che possano offrire ai detenuti gli strumenti necessari per affrontare il loro stato emotivo e mentale.

Qualcosa di simile si verifica negli istituti penitenziari milanesi, dove i dati sul numero degli atti di autolesionismo sono in crescita. I detenuti, stanchi di vivere in condizioni di disagio, cercano tragicamente di mettere fine alla loro sofferenza, e questi tentativi di suicidio sono solo una manifestazione di un sistema che tenta di piegarli.

L’autolesionismo: un fenomeno allarmante

Se i suicidi nelle carceri italiane sono preoccupanti, gli atti di autolesionismo lo sono forse ancor di più. Nel periodo considerato, dal primo gennaio al 7 ottobre 2024, sono stati registrati 10.111 episodi di autolesionismo da parte della popolazione detenuta. Questo numero segna un incremento del 4,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, dove gli episodi erano 9.701. La situazione diventa quindi sempre più insostenibile e necessita di una riflessione seria e approfondita.

Particolarmente preoccupante è il dato riguardante il carcere di San Vittore, a Milano, noto per essere uno dei più affollati del paese. Con un tasso di sovraffollamento che raggiunge il 228%, il carcere è un ambiente in cui gli episodi di autolesionismo diventano quotidiani. Qui, i detenuti si sentono come prigionieri non solo della legge, ma anche di un sistema che spesso li ignora. Non si tratta solo di numeri; dietro ciascun episodio si celano storie di sofferenza e angoscia.

Il legame tra sovraffollamento carcerario e atti autolesivi è quindi innegabile. Ogni persona detenuta vive una realtà angustiante, senza il supporto adeguato. Eppure, è fondamentale riesaminare le modalità di trattamento dei detenuti e implementare soluzioni che possano approntare assistenza psicosociale, perché può sembrare incredibile ma, in alcune situazioni, proprio quello che serve è qualcuno che ascolti.

Il volto dei suicidi: chi sono le vittime?

Cosa ci nascondono le statistiche? (Angolodifarenz.it)

I dati rilasciati dal Garante dei detenuti offrono uno spaccato dettagliato della situazione, concentrandosi sui volti delle persone che hanno deciso di porre fine alla propria vita all’interno delle carceri italiane. Su 66 suicidi avvenuti, la maggior parte delle vittime sono uomini. Le femmine nei suicidi rappresentano solo il 2,8% del totale. Gli italiani, peraltro, costituiscono il 52,8%, mentre gli stranieri sono il restante 47,2%. Questo dato fa emergere una realtà complessa, dove la solitudine e la perdita di speranza sono esperienze comuni.

Passando a una fascia più specifica, il Garante evidenzia che il 47% delle vittime aveva precedenti penali legati a reati contro la persona. Sono stati registrati 31 suicidi con reati gravi come omicidio, violenza sessuale e traffico di esseri umani. Nonostante ciò, anche il 24% dei suicidi è avvenuto tra persone accusate di reati contro il patrimonio, come furti e rapine, il che denota non solo una problematicità legata ai reati commessi, ma evidenzia anche un malessere psicologico profondo.

Da notare che 26 delle vittime erano in attesa di giudizio, situate in una condizione di incertezza legata non solo alla propria sorte, ma anche alle proprie vite. Questo aspetto suggerisce come la mancanza di una risoluzione possa amplificare patologie preesistenti. Infine, la modalità del suicidio è di per sé agghiacciante; 63 persone hanno scelto di impiccarsi, mentre altre tre sono morte a causa di soffocamento con buste di plastica. Questa realtà è, tristemente, un monito sulla vulnerabilità di chi vive in carcere.

Dove trovare aiuto

È opportuno ricordare che, per chi sente di aver bisogno di aiuto, esistono dei numeri di emergenza che possono fare la differenza. Se tu o una persona vicino a te vi trovate in difficoltà e avete pensieri di suicidio, ci si può rivolgere a Telefono Amico componendo 02 2327 2327, oppure chiamando i Samaritans al 06 77208977. Un altro numero utile è quello del servizio di emergenza unico europeo: 112. Importante è anche la consultazione del sito del ministero della Difesa, dove sono disponibili ulteriori informazioni e risorse utili per affrontare situazioni critiche e trovare il supporto necessario.

La tragedia dei suicidi in carcere è un problema che non può e non deve essere ignorato, è urgente che venga prestata attenzione a questa situazione. La speranza è che, con il giusto supporto e intervento, queste vite possano essere salvate e che si possa lavorare per un futuro migliore.

Published by
Fabiana Coppola