Eugenia Bosco, una delle promesse della vela argentina, ha deciso di parlare apertamente delle molestie che ha subito dal suo ex allenatore quando aveva solo 12 anni. La scelta di rendere pubblica la sua storia arriva dopo aver visto il documentario “Athlete A“, che trattava degli abusi nel mondo della ginnastica negli Stati Uniti. La commozione e l’ispirazione provate alla visione di quel filmato l’hanno aiutata a rielaborare un passato doloroso e a trovare la forza per raccontare la sua esperienza.
Eugenia, ora 27enne e medaglia d’argento nel Nacra 17 a Parigi 2024, ha condiviso il suo vissuto con il giornale La Nacion. Il suo racconto inizia con una rivelazione sorprendente: “Non potevo credere a quello che vedevo. Ho pianto, la mia memoria si è sbloccata e ho pensato: ‘È successo anche a me questo’.” Le immagini del documentario l’hanno spinta a confrontarsi con ricordi che aveva accuratamente nascosto, creando una connessione tra il suo passato e quello di molte altre atlete. La sua frase “Ora non ho più conti in sospeso con me stessa” sottolinea un processo di liberazione e di autoaccettazione che ha finalmente intrapreso.
Eugenia ha descritto come la visione del documentario le abbia permesso di iniziare un viaggio interiore di rielaborazione. Ha riconosciuto che, per troppo tempo, aveva tenuto tutto dentro, celando un malessere diffuso e latente senza comprenderne le radici. “Piano piano ho cominciato a guardarmi dentro, ed è stato come sbloccare ricordi terribili. Ora mi sento in pace con me stessa, più forte, libera finalmente” ha rivelato. L’atto di condividere la sua storia non solo la libera da un peso, ma può anche ispirare altri a fare lo stesso.
Nell’intervista, Eugenia ha ripercorso i momenti che hanno segnato la sua vita da giovane atleta. Ha raccontato che gli abusi iniziarono mentre si allenava tra vari campionati, in un ambiente che all’apparenza sembrava sicuro e protettivo. “Ero piccola e da sola. C’era un gruppo di ragazzi con cui mi divertivo, ma non ci rendevamo conto di quello che stava succedendo,” ha spiegato. Per lei, l’esperienza sportiva sembrava addirittura divertente, con genitori e allenatori che le davano la sicurezza necessaria per proseguire.
Con il tempo, però, Eugenia ha cominciato a percepire l’atteggiamento del suo ex allenatore come una forma di controllo opprimente. “Crescevo e via via mi rendevo conto che il controllo assoluto del mio coach era potere, potere su di me.” Nelle sue parole, si avverte il crescente senso di claustrofobia e vulnerabilità che provava; ciò che inizialmente sembrava un ambiente di sostegno si è rivelato una trappola.
Eugenia non ha voluto rivelare il nome del suo ex allenatore, rispettando un certo anonimato ma al contempo evidenziando la necessità di affrontare il problema degli abusi nel mondo dello sport. Concludendo il suo racconto, ha rimarcato la profonda importanza di affrontare il proprio passato e chiudere quel capitolo: “Ecco, l’ho capito e l’ho detto. Ho risolto un conto in sospeso.” E con queste parole, Eugenia Bosco si unisce alla schiera di atleti che trovano la forza di raccontare le proprie esperienze dolorose, contribuendo a dare voce a chi non è in grado di farlo.