Mantenimento figli ed ex, c’è la nuova legge e cambia tutto: quanto bisognerà versare

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L’assegno di mantenimento rappresenta una delle tematiche più discusse e delicate all’interno del panorama legale e sociale italiano.

Questo strumento finanziario è concepito per garantire un sostegno economico a quei membri della famiglia che, a seguito di una separazione o divorzio, si trovano in una condizione di svantaggio economico rispetto all’altro coniuge. La sua finalità primaria è assicurare che il tenore di vita dei figli e del coniuge meno abbiente non subisca un tracollo drastico dopo la rottura del vincolo matrimoniale.

La determinazione dell’importo dell’assegno segue criteri ben precisi, stabiliti dalla legge italiana, che prendono in considerazione vari fattori quali: le condizioni economiche dei coniugi, il loro stile di vita precedente alla separazione, l’età e lo stato di salute dei beneficiari, nonché eventuali esigenze particolari come l’educazione e la formazione dei figli. Non si tratta dunque di una cifra arbitraria ma di un calcolo ponderato che mira a preservare l’equilibrio economico tra le parti coinvolte.

Il meccanismo attraverso cui viene erogato l’assegno può variare: può essere versato direttamente tra i coniugi oppure tramite intermediari come avvocati o istituzioni bancarie. Inoltre, è importante sottolineare che l’obbligo al mantenimento non si estingue automaticamente nel tempo ma può essere soggetto a revisione qualora mutino significativamente le condizioni economiche o personali delle parti interessate.

Questo strumento giuridico riflette la volontà dello Stato italiano di proteggere i diritti fondamentali dei suoi cittadini più vulnerabili in momenti critici della loro vita familiare. Attraverso l’assegno di mantenimento si cerca quindi non solo di risolvere questioni puramente economiche ma anche di promuovere principi etici fondamentali quali la solidarietà familiare e il sostegno reciproco tra i suoi membri.

Assegno di mantenimento: le condizioni da soddisfare per la Cassazione in caso di unione civile

La recente presa di posizione della Corte di Cassazione ha illuminato le condizioni necessarie per l’ottenimento dell’assegno di mantenimento a seguito della conclusione di un’unione civile, evidenziando un tema caldo nella società italiana. La legge n. 76 del 2016, nota come legge Cirinnà, ha introdotto le unioni civili tra persone dello stesso sesso, creando una quasi equiparazione al matrimonio tradizionale, ma con distinzioni chiave come l’assenza dell’obbligo di fedeltà e una diversa regolamentazione del diritto al mantenimento post-separazione.

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L’unione civile non garantisce automaticamente il diritto all’assegno di mantenimento – Angolodifarenz.it

La massima istanza giudiziaria italiana ha chiarito che le unioni civili mirano a proteggere legalmente le coppie dello stesso sesso; tuttavia, la fine di tali unioni non garantisce automaticamente il diritto all’assegno di mantenimento per il partner economicamente svantaggiato. L’art. 1, comma 25 della legge Cirinnà prevede che la determinazione e l’erogazione dell’assegno seguano i criteri applicati nei divorzi.

Per beneficiare del sostegno economico post-separazione è essenziale dimostrare condizioni economiche e personali specifiche che ne giustifichino la necessità. La decisione sottolinea l’importanza di valutare individualmente ogni caso relativo alle circostanze degli ex-partner coinvolti nell’unione civile dissolta.

Questa sentenza è fondamentale nella definizione dei diritti delle persone in unioni civili e ribadisce il principio dell’autonomia economica post-separazione. Offre anche una possibilità a chi si trova in stato di bisogno dopo la fine dell’unione civile di richiedere supporto finanziario all’ex partner.

In questo quadro normativo ed interpretativo complesso, la decisione della Corte ribadisce che il diritto all’assegno deve essere valutato attentamente in base alle condizioni economiche degli ex partner dopo lo scioglimento dell’unione civile, seguendo principi simili ma non identici a quelli dei matrimoni tradizionali dissoltisi.

Non sempre l’assegno di mantenimento è dovuto: ecco perché

La recente ordinanza n. 24930/2024 della Corte di Cassazione ha gettato nuova luce sulla questione dell’assegno di mantenimento a seguito della fine di un’unione civile, delineando criteri più stringenti per la sua attribuzione. Contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, l’assegno non è un diritto automatico che scatta con la conclusione dell’unione, ma piuttosto una misura assistenziale che presuppone specifiche condizioni economiche degli ex partner.

perché l'assegno di mantenimento non sempre è dovuto
L’assegno non deve trasformarsi in una sorta di rendita vitalizia – Angolodifarenz.it

Il fulcro della decisione giuridica risiede nella necessità di una valutazione approfondita delle situazioni finanziarie individuali post-separazione. La legge n. 898/1970 e le successive interpretazioni giurisprudenziali hanno sempre sottolineato che tale sostegno economico deve essere erogato solo se l’ex partner richiedente si trova in una condizione di effettiva necessità, ovvero privo di mezzi adeguati e incapace di procurarseli per cause oggettive.

Questa visione ribadisce il principio secondo cui l’assegno non deve trasformarsi in una sorta di rendita vitalizia volta a compensare la fine del rapporto sentimentale, ma dovrebbe fungere da strumento perequativo temporaneo, destinato esclusivamente a coloro che versano in uno stato di bisogno reale e verificabile.

Per determinare chi ha diritto all’assegno e in quale misura, la Corte suggerisce un esame dettagliato delle circostanze personali ed economiche dei singoli individui coinvolti. Elementi come il contributo alla vita familiare durante l’unione civile – inclusi lavoro domestico e cura dei figli -, il patrimonio accumulato insieme e la durata dell’unione stessa diventano fattori cruciali nella valutazione.

In questo contesto emerge chiaramente come il mantenimento post unionale non sia concepito come un obbligo automatico o indistinto, piuttosto come uno strumento legale mirato a garantire equità ed equilibrio tra gli ex partner nel delicato momento della separazione. La decisione della Corte rappresenta quindi un passaggio fondamentale verso una maggiore responsabilizzazione individuale e verso la promozione di principi solidaristici basati sulle reali necessità economiche delle persone coinvolte, evitando così abusi o interpretazioni estensive del concetto stesso di mantenimento.