Nel 1932 il Brasile svela il mistero: gli atleti alle Olimpiadi dovevano vendere prima il caffè

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Nell’affascinante e turbolenta storia delle Olimpiadi moderne, ci sono episodi che ci sorprenderebbero, sia per la loro singolarità che per il modo in cui riflettono le dinamiche socio-economiche dell’epoca.

L’evento Olimpico del 1932 a Los Angeles rappresenta una di queste storie, dove sport, orgoglio nazionale e crisi si intrecciano in un racconto inatteso. Vediamo più da vicino come il Brasile riuscì a superare enormi ostacoli per far partecipare i propri atleti a una manifestazione così prestigiosa.

Le Olimpiadi di Los Angeles nel 1932 sono state un punto di svolta nella storia olimpica. Nonostante il mondo avesse già iniziato a tessere legami più forti e interconnessi, la partecipazione di molti stati fu drammaticamente ridotta a causa di difficoltà economiche. Infatti, si registrò un calo del 50% rispetto alle edizioni precedenti. Questa situazione fu fortemente influenzata dalla Grande Depressione, cominciata con il giovedì nero del 1929, che toccò paesi in tutto il globo. Molte nazioni, a causa della loro insufficienza finanziaria, non erano in grado di inviare i propri atleti anche solo per partecipare. In questo contesto, il Brasile si trovò di fronte a una sfida.

La crisi economica globale aveva colpito duramente il governo brasiliano, che si dibatteva tra la necessità di mantenere l’orgoglio nazionale e il rigore delle finanze pubbliche. La riduzione della partecipazione degli atleti si rivelò essere un duro colpo per l’immagine del paese. Così il governo di Getúlio Vargas, salito al potere con un colpo di stato, ideò un piano che avrebbe consentito ai rappresentanti sportivi brasiliani di prender parte ai giochi senza gravare sulle casse pubbliche. Un’incredibile storia di ingegno e determinazione stava per prendere forma.

L’astuzia del governo vargas

Per risolvere il problema della partecipazione, il governo brasiliano si alleò con il National Coffee Council, una delle principali organizzazioni statunitensi riguardanti il caffè. Questo accordo si rivelò decisivo: la federazione sportiva del Brasile ricevette una grande quantità di caffè, precisamente 22.700 kg, che gli atleti avrebbero dovuto vendere durante il viaggio verso Los Angeles. Si trattava di un’iniziativa notevole – una strategia originale per reperire fondi e per dare visibilità al Brasile nel panorama internazionale.

Olimpiadi Los Angeles 1932
Olimpiadi Los Angeles 1932, il segreto svelato (Angolo di Faremo) – Foto da Instagram @olympijskytym

Il piano, inizialmente, parve funzionare. Gli atleti avrebbero dovuto scambiarsi il caffè con denaro sufficiente a coprire tutte le spese di viaggio e di soggiorno. Tuttavia, la realtà si rivelò ben diversa. Mentre navigavano nel Canale di Panama, gli atleti si trovarono a dover affrontare una situazione imprevista, segnalata da diverse cronache dell’epoca. Molti di loro non riuscirono a vendere il caffè previsto, lasciandoli con pochi fondi per garantire il passaggio. Solo grazie all’intervento della Banca Nazionale Brasiliana, molti atleti ebbero accesso a prestiti per coprire il carissimo pedaggio.

Gli ostacoli all’arrivo e la dura realtà delle gare

Arrivati a Los Angeles, gli atleti brasiliani si imbatterono in una nuova difficoltà. Le autorità americane, infatti, avevano appena approvato una legge che prevedeva una tassa di ingresso di 1 dollaro per ogni atleta. Questo addebito costituiva una vera e propria spesa aggiuntiva da affrontare. In un contesto così delicato, le aspettative si scontravano con la realtà. La squadra, dopo aver venduto il caffè, era riuscita a guadagnare solo 24 dollari, cifre insufficienti per far partecipare tutti i 69 atleti. Pertanto si trovò costretta a selezionare solo 24 rappresentanti, decisione dolorosa avendo a disposizione squadre talentuose. Anche se gli Stati Uniti consentirono parzialmente agli atleti di vendere il caffè a San Francisco, gran parte di loro continuò a lottare contro le difficoltà.

Quando finalmente giunsero a gareggiare, i fisici provati dagli eventi recenti e dal lungo viaggio non permisero loro di esprimere il massimo potenziale. Risultato: il miglior piazzamento fu un mesto sesto posto. Come avrebbero potuto competere in simili condizioni? Il sogno olimpico, che richiedeva non solo abilità ma anche forza fisica e mentale, si trasformò in un’incursione di disguidi e sfortune.

Il viaggio di ritorno: un’odissea inaspettata

Purtroppo la sfortuna non abbandonò mai i membri della squadra. Durante il viaggio di ritorno in Brasile, dovettero affrontare anche una rivolta civile contro le politiche governative di Vargas, che avevano costretto alla chiusura di importanti città portuali come San Paolo. Pertanto, a causa di queste restrizioni, gli atleti furono sbarcati in porti minori e remoti. Ciò significava che compattarono ulteriormente il loro viaggio di ritorno, costretti a percorrere il paese in ferrovia o addirittura a piedi, per riunirsi finalmente alle loro famiglie.

Questo episodio dimostra non solo quanto potere possa avere il contesto economico in un evento di grande prestigio come le Olimpiadi, ma anche il modo in cui la determinazione e il coraggio possono scontrarsi con sfide inimmaginabili. Il Brasile, pur avendo affrontato strade impervie, portò comunque avanti il suo messaggio: lo sport è una via di unione che attraversa le difficoltà più complesse, rinsaldando i legami nazionali e internazionali.